La vecchia cabina elettrica “accende” la nuova Jungi

Ieri l’opera è stata demolita per consentire il completamento del progetto di riqualificazione dell’area. Il ricordo dell’associazione “I Maggio”

-Pubblicità-    

SCICLI – La cabina elettrica è stata demolita. Poco dopo le otto e mezza di ieri mattina, 12 marzo 2021, ha avuto luogo l’operazione di demolizione della “torretta di Jungi”, la cabina elettrica che serviva il “villaggio Jungi” sin dal lontano 1963.

I lavori hanno richiamato curiosi ma anche gli attenti abitanti di Jungi, che hanno salutato l’evento con un pochino di commozione. Anch’essa è stata parte importante della storia di Jungi. La demolizione della vecchia cabina elettrica segna un ulteriore passo verso il completamento del piano integrato per la riqualificazione di Jungi. A pochi metri, è già entrata in funzione, la nuova cabina che occupa uno spazio di gran lunga inferiore a quello occupato dalla cabina demolita oggi.

I lavori di costruzione sono iniziati nel lontano 1962 ed è entrata in funzione il giorno successivo alla festa del SS Salvatore del 1963. L’allora Amministrazione “Comunista” non poteva certo associare la festa del SS Salvatore all’avvio dell’illuminazione di Jungi. Era giusto erogarla il giorno dopo la festa! Per ovvi motivi servì, in un primo momento, a garantire l’illuminazione pubblica. E Quando si iniziò a vedere le case illuminate, si faceva a gara a far sentire la radio ad alto volume per distinguersi da quanti non avevano ancora attivato il contratto ENEL. Non tutti si potevano permettere il contatore!

Paolino Gambuzza ricorda che, nei primi anni, l’illuminazione pubblica veniva attivata dal Signor Giannone detto “Iangilu a Fama” che azionava a mano, per l’appunto, la leva di accensione dell’illuminazione pubblica. Ricorda anche i primi insediamenti iniziati il 05 novembre del 1955, in dodici palazzine sorte nell’area che oggi ospita il geodetico, e che verranno poi demolite; vi hanno trovato ospitalità ben 46 famiglie e in una palazzina, in un locale a piano terra, era ospitato il “Centro Sociale” retto dalla signorina Brisindi Michela (oggi signora novantenne, che ricorda con meravigliosa lucidità, il periodo vissuto da “assistente sociale” in sintonia con l’allora parroco di Jungi, padre Di Petro Concetto, nell’aiutare i primi abitanti. Ricorda ancora che la popolazione del “villaggio Jungi” era costituita per l’80% dagli aggrottati di Chiafura (oggi diventato un parco archeologico). La restante 20% era composta da abitanti provenienti dai quartieri di San Giuseppe, o dallo “Scifazzo” e da altri quartieri.

E Luigi Silvio Fidone scrive:
“…. In quel termine elettrica erano racchiusi le speranze e i sogni di tutta la comunità residente di Jungi. Significava tornare alla civiltà, abbandonare il buio notturno, l’oscurità civile e sociale dell’arretratezza anche culturale che opprimeva i cosiddetti “Mau-Mau”. … bramata da tanti anni, si potevano allungare le ore dei giochi, passeggiare la sera, visitare con comodità i vicini di casa, leggere e studiare senza sforzare la vista, sentire musica, sognare di possedere e guardare un televisore. Questo era nei sogni di quei ragazzi. …. Quei ragazzi di allora, ora adulti, forse saranno commossi… Ed ora guardano la demolizione della cabina elettrica con altre attese, con altre speranze, con altri sogni. Guardano al futuro, sognando un quartiere più umano, più civile, più progredito e responsabile, da lasciare ai figli e ai nipoti. Augurando loro un avvenire pieno “DI LUCE”.

Cettino Restivo – Presidente Associazione I Maggio – Jungi.

-Pubblicità-