Scicli: una lettera speciale nel giorno di Natale

Auguri alla sua città da suor Marzia

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SCICLI – Erano i primi anni ottanta e Francesco Guccini compose una canzone, dal titolo in lingua ebraica, che nella traduzione italiana suona all’incirca così: “Sentinella, quanto resta della notte?”.

Incuriosita e stranita sono andata alla ricerca del testo di questo canto a me sconosciuto (non essendo una “gucciniana” particolarmente appassionata) e in realtà shomèr ma mi-llailah è un verso preso in prestito dal profeta Isaia, un uomo di Dio vissuto a Gerusalemme 2700 anni fa.

Nel suo libro egli annuncia al popolo di Israele la speranza di un’alba nuova, un sole che sorge dall’alto, per illuminare chi è perduto nelle tenebre. Questo profeta trasognato, che parla con enfasi al cuore di ogni israelita, sapeva riaccendere in ciascuno la promessa di un Salvatore potente: ”L’Atteso verrà e non tarderà!” (Eb.10,37).

Nei versi di Isaia è notte fonda, e un viandante solitario, come appena ridestato da un sogno, rivolge alla sentinella di turno presso le mura della città questa domanda: “Sentinella, quanto resta della notte?” (Is.21,11).

Quando arriva l’alba? Sono parole cariche di struggente desiderio, come chi, ubriaco d’amore, attende l’amata, e, dopo una veglia interminabile, si riversa per le strade cercando di ridestare il sole così da affrettare lo scorrere del tempo.

Chi più ama più vorrebbe amare, perché l’amore scava nell’amante un vuoto incolmabile, una voragine abissale, un buco nero che attrae e cattura qualsiasi briciola di amore. Così accade per ciascun uomo che, come questo viandante, cerca ovunque le tracce dell’amata, fino ad ubriacarsi di nostalgia, fino a consumare gli occhi per frugare nella notte il minimo lampeggiare di occhi conosciuti.

E così accade anche a te e a me, quando, dopo una giornata affollata di volti e stordita dalla stanchezza, ricuciamo lo strappo tra anima e corpo, colmandone col silenzio la distanza, e poi finalmente ci arrendiamo come lottatori stanchi che giacciono a terra per un breve ristoro.

In quell’attimo si stagliano nella mente nostalgie, sogni, rimpianti, e sentiamo tutto il peso della nostra creaturalità incompleta, il carico di una vita leggera, troppo leggera, tanto da gridare col profeta: “Se Tu squarciassi i cieli e scendessi” (Is.63,19).

Ma poi ecco, “mentre un profondo silenzio avvolge tutte le cose, e la notte è a metà del suo corso, una Parola si lancia dal cielo quaggiù sulla terra” (Sap.18,14), come un guizzo di luce, un vento leggero, una goccia di rugiada mattutina. Ecco il Natale: una parola fatta carne nella carne di ogni uomo, l’umanarsi di Dio e l’indiarsi dell’uomo.

Spirito e carne, cielo e terra, luce e tenebre intrecciati in un grembo, mescolati nel seno di una Vergine Madre, come stretti da un tenero abbraccio. Allora ogni desiderio è colmato, l’attesa compiuta, e il cuore finalmente appagato.

Natale è sfamarsi d’amore, perché l’amore si è fatto pane. C’è un vuoto dentro ogni uomo che è come un segno distintivo, un marchio di origine, la firma del Creatore impressa a fuoco dall’eternità in ogni anima. E non v’è cosa al mondo, nè creatura alcuna che può riempire questo vuoto. Possiamo ingoiare montagne di cibo, assumere alcol e allucinogeni, stordirci con relazioni malate… nulla ci basterà.

Colui che ci ha creato senza di noi non può salvarci senza di noi” (S.Agostino). Ed in questo Natale ci chiede solo di farGli posto fra le nostre cose più care, “allargare lo spazio della nostra tenda e stendere i teli della nostra dimora” (Is.54,2). “Fatti capacità e Io mi farò torrente”, fatti lampada e Io mi farò luce, spalanca il cuore e lasciati abbracciare… la notte splenderà come il giorno!

Sentinella, quanto resta della notte? Quand’è che termina la notte e inizia il giorno? Così risponde un vecchio saggio: quando potrai guardare il volto di un essere umano e avrai in te abbastanza luce per riconoscerlo fratello o sorella, fino a quel momento è notte, e c’è ancora buio.

Quando dividerai il pane con l’affamato, introdurrai in casa i miseri, i senzatetto, e vestirai uno che vedi nudo, allora la tua luce sorgerà come l’aurora e la tua ferita si rimarginerà presto” (Is.58,7-10).

Sì, quella ferita profonda che la solitudine ha scavato nel segreto del tuo intimo finalmente si chiuderà… “Amor con amor si paga” (Petrarca)… “Tutto ciò che avete fatto al più piccolo, l’avete fatto a me” (Mt.25,46). In tal modo l’amore è compiuto, e lo scambio, quel mirabile scambio tra Dio e l’uomo è finalmente avvenuto: Dio ama con il tuo cuore di uomo, e tu, uomo, sei capace di amare come Dio!

Coraggio allora, non temete, perché “viene il vostro Dio. Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa… Egli viene a salvarvi” (Is.35,1). “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, Dio fa una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirà nel deserto una strada” (Is.43,18-19).

Natale è tempo di nuovi germogli… Sotto la coltre gelida di una notte d’inverno spunta un tenero virgulto, “ci è stato dato un Figlio” (Is.9,5). Questo Dio Bambino viene a dirci che tutto può ricominciare, tutto può riprendere vita al calore dell’amore.

E noi siamo come creta lavorata da un vasaio esperto e sapiente, modellati e rimodellati dal calore delle sue mani. Così racconta il profeta Geremia: “Scesi nella bottega del vasaio, ed ecco, egli stava lavorando la creta al tornio. Ora, se si guastava il vaso che stava modellando, con quella stessa creta, egli rifaceva un vaso nuovo” (Ger.18,3-4).

Il Signore, con immensa misericordia, fa nuove tutte le cose. “Non si vergogna degli errori, della bassezza dell’uomo, anzi, vi entra dentro. Egli ama ciò che è perduto, ciò che è considerato insignificante, emarginato, debole, povero e affranto. Dove gli uomini dicono ‘perduto’, lì Egli dice ‘salvato’, dove gli uomini dicono ‘no’ e distolgono lo sguardo, lì Egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente e incomparabile” (Dietrich Bonhoeffer).

Nella foto suor Marzia

Non buttare via niente della tua vita, ti serve tutto, c’è una grazia in tutto, e se non comprendi il perché di ciò che ti è accaduto vuol dire che non l’hai ancora sfruttato abbastanza. Dio può fare nuova la tua vita andata in frantumi, può trasformare in bellezza anche la storia più disperata. Il Natale viene a dirti che tu, proprio tu che ti butti via, sei importante! E se in questo momento ti senti triste, scoraggiato, rassegnato, sappi che non stai credendo alla verità. La Verità è Cristo, e Lui ha pensato che per te valeva la pena prendere carne, la tua stessa carne, per poi essere torturato, flagellato, crocifisso, e morire per amore tuo. Quanto vali tu? Tu vali il sangue di Cristo, e Lui non ti ama solo perché è amore, ti ama anche perché ti ha creato e vede tutta la tua bellezza, e sa che senza di te non si può fare. Ci sono persone che solo tu puoi amare, cose che solo tu potrai fare, parole che solamente tu potrai dire, sentimenti che solo tu potrai provare” (don Fabio Rosini).

Natale è dunque l’infinita pazienza di ricominciare, la sorpresa di un Dio che non si è stancato dell’uomo e crede follemente alla sua bellezza originaria. Sì, perché più e prima del peccato originale esiste una “bontà originale”, iscritta nel cuore di ogni uomo, e Dio lo sa, Egli stesso l’ha nascosta in ogni figlio che viene al mondo e passa tutta la sua eternità a scommettere su questo bene costitutivo dell’uomo.

Così, anche in questo Natale arriverà Gesù, e risveglierà in ciascuno la sua bontà originale, e lancerà ancora semi sull’asfalto, condividerà la mensa con i peccatori, si lascerà accarezzare da donne poco raccomandabili, libererà i disperati da demoni, lebbra e cecità, slegherà uomini paralizzati e curvi, danzerà con gli sposi a nozze, giocherà con i bambini, e piangerà per la morte di Lazzaro, suo amico e fratello.

Alzati rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Le tenebre ricoprono la terra, ma su di te risplende il Signore. A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore” (Is.60,1-5).

Alzati dal letto comodo dello scoraggiamento, alzati dal divano morbido della tristezza, alzati da quella mensa amara dove consumi il tuo pasto in solitudine. Alzati, e và alla grotta di Betlemme… 

Tu, in fila con i pastori, gli ultimi degli ultimi, coloro che non speravano più niente dalla vita, e che, in una notte come tante, hanno avuto in dono luce sfolgorante e parole di angeli: “Oggi è nato per voi il Salvatore” (Lc.2,11).

Riprendi in mano la tua vita e fanne un capolavoro, non accontentarti di cose piccole, lega il tuo aratro ad una stella e traccerai diritto il tuo solco. Natale è l’ineffabile desiderio che Dio ha di te, il continuo venire di Dio nella tua umile storia, un intreccio Divino-umano che fa cantare persino gli angeli: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e pace in terra agli uomini amati dal Signore” (Lc.2,14). “Presto arriverai e sarà giorno”.

Buon Natale… e pace sia!

Con ogni bene… Suor Marzia

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