Al museo del costume di Scicli c’è “L’immagine allo specchio”

Coprire il corpo (1850/1950) - Per un’antropologia del corpo. Nella stessa occasione è stato possibile visitare anche il Museo della cucina

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SCICLI – (di Simona Loretta Agolino) Le donne hanno usato una quantità di indumenti e congegni per coprire, trattenere, rivelare o modificare l’aspetto del proprio corpo. A partire dal XIIV secolo le donne in particolare quelle occidentali più agiate e non, hanno usato maggiormente vestiti e accessori e modi di copertura per abbellire la loro figura femminile.

Bisogna tener conto del contesto storico in cui ci si muove, intorno alla metà dell’800 nascono le scienze umane, fino a quel periodo non molto considerate, come la psicologia che si soffermava sui desideri dell’anima e sull’antropologia culturale. Gli intellettuali, anche se ancorati a discorsi vecchi li rinterpretavano in una chiave nuova. Non dimentichiamo quali grandi autori scientifici e non solo espongono le loro idee, basti nominare Darwin, Conte Renan solo per citarne alcuni un periodo di grande fermento culturale e non solo.

Ed è in questo contesto culturale e sociale che si apre la mostra al Museo Storico del Costume di Scicli, inaugurata lo scorso 16 luglio e che proseguirà fino al 19 settembre.

La mostra prende spunto dalla copertura del corpo, come distinzione sociale con vari aspetti antropologici propri del nostro costume. Sono presenti nell’esposizione mantelli, copricapi e scialli tipici della nostra sicilianità.

I costumi tradizionali siciliani antichi, erano molto semplici sia come differenza sociale che di appartenenza al ceto borghese. Oggi molti di questi capi non vengono nè indossati nè conosciuti dalle nuove generazioni anche nelle più moderne accezioni come il fazzoletto sulla testa o lo scialle come soprabito. Sia l’abbigliamento tradizionale della donna che dell’uomo erano sempre composti da diversi pezzi con colori variopinti.

Inoltre c’è da sottolineare un aspetto molto importante che gli abiti cambiavano nei giorni quotidiani, da quelli delle feste molto sentite nella Sicilia. Le feste in particolar modo potevano essere religiose o matrimoni o anche funerali. Spesso a ravvivare gli abiti delle donne erano i copricapo o mantelline da mettere sopra le spalle con delle spille a chiudere, ma certamente si parla sempre di diversi ceti e ambiti sociali .

Da osservare come venivano indosssati i fazzoletti nelle varie situazioni, sia per lavorare che per passeggiare o andare in chiesa. Anche i luoghi dove si indossavano avevano molta importanza. Se si andava alle funzioni religiose si indossavano copricapi più raffinati che dovevano, infatti essere dedicati alle occasioni importanti non solo per la funzione, ma anche per la gente che vi partecipava. Era quasi sempre di seta nera o in pizzo pregiato che ricopriva il capo e ricadeva sulle spalle come una mantella.

Il manto o scialle viene considerato il costume più antico siciliano e molto usato dalle nostre nonne, aveva una funzione sociale dove si poteva distinguere dalla lunghezza per  le donne che appartenevano a una buona famiglia da quelle ad un ceto inferiore. Veniva considerato come un possedimento e dote delle donne.

La mostra offre ampio spazio alla riflessione antropologica della copertura del corpo femminile e alle varie trasformazioni subite nel corso del tempo. Auspico a tutti i visitatori di coglierne l’essenza e la tipicità di una profonda cultura siciliana nel rispetto di una visione del tempo ormai passato ma profondamente importante per la Donna di oggi. Nella stessa occasione è stata possibile visitare anche il Museo della cucina.

Simona Loretta Agolino

SVN ha intervistato Giovanna Giallongo (Archivista Museo del Costume), Caterina Riccotti (Vice Sindaco di Scicli) e Rita Trovato (Presidente Consiglio comunale di Scicli).

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