“Classico Italiano”, stasera tocca a una delle icone del cinema anni ’60 e ‘70

Nel giardino interno di palazzo “Bonelli – Patanè” ci sarà l’attore Lino Capolicchio

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SCICLI – Tutto pronto per il terzo appuntamento di “Classico Italiano”. Stasera, alle ore 21, nel giardino di palazzo “Bonelli – Patanè”, la rassegna cinematografica, organizzata dall’associazione “Donna Lidda”, accoglierà una delle icone cinematografiche più affascinanti e ricercate degli anni sessanta/settanta: l’attore e regista Lino Capolicchio. Presenterà il volume “D’Amore non si muore”, pubblicato dal centro Sperimentale di Cinematografia con Rubbettino Editore. E’ un viaggio nella memoria attraverso persone e volti della straordinaria carriera di Capolicchio: da Sergio Tofano a Giorgio Strehler, da Anna Magnani a Vittorio De Sica e a Pier Paolo Pasolini, da Federico Fellini ai Beatles a Carmelo Bene e a Fabrizio De André.

Lino Capolicchio dialogherà con lo studioso di Cinema, Domenico Monetti. Non sarà presente alla serata, a causa di un imprevisto, il regista Alessandro D’Alatri che sino a qualche giorno fa aveva confermato la sua presenza.

Al termine della presentazione, al cine teatro Italia sarà proiettato, alle ore 22.15,Il Giardino dei Finzi Contini” con Lino Capolicchio tra i protagonisti. Il film è vincitore dell’Oscar come miglior film straniero nel 1972. La copia è stata restaurata dalla Cineteca di Bologna.

L’organizzazione comunica che per l’accesso in sala è necessario essere in possesso del green pass da esibire all’ingresso. Sono duecento i posti disponibili. Saranno adottate le misure anti-Covid previste dalla normativa.

Intanto, ieri sera è andato in scena il secondo appuntamento della rassegna cinematografica. Un pubblico numeroso ha riempito, ancora una volta, il giardino di palazzo “Bonelli – Patanè”. La serata è stata dedicata al tema di “Sciascia e il Cinema”, che è il titolo di una pubblicazione di Fabrizio Catalano (nipote di Sciascia) e di Vincenzo Aronica. Sul palco sono intervenuti anche due prestigiosi giornalisti di Repubblica, Francesco Merlo e Antonio Gnoli.

Nella foto da sinistra: Marco Sammito, Merlo, Gnoli, Catalano, Aronica e Militello

Il dibattito si è subito aperto con una dichiarazione netta e tranciante del nipote dell’intellettuale di Racalmuto, su sollecitazione di Mario Militello, secondo la quale “Sciascia non era rimasto soddisfatto delle trasposizioni filmiche dei suoi romanzi e racconti”, e Merlo riprendendo la battuta, condividendola, ha rincarato la dose, sostenendo che “a Sciascia gli è mancato un grande regista, tranne solo nel caso di ‘Cadaveri Eccellenti’ di Francesco Rosi”.

Sciascia amava il cinema -ha sottolineato Antonio Gnoli-, ma finì che se ne disinteressò. Ma quando si accorse che il cinema era solo favola, pensò bene di imparare altre lingue, che nascevano dall’osservazione e da quella poetica in cui è la realtà era più importante del favoloso: il cinema aveva smesso di essere mito; era diventato industria e star system. Il divismo aveva perso l’aura degli dei e questi ultimi cominciarono a parlare la lingua del marketing”.

’Sciascia e il Cinema’ nasce da una semplice esigenza -ha spiegato Vicenzo Aronica-, cioè quella di raccontare attraverso testimonianze (di Felice Laudadio, il dialogo tra Roberto Andò e Giuseppe Tornatore e la testimonianza del regista Beppe Cino), quale fu il rapporto tra i romanzi e le opere filmiche di uno degli intellettuali più arguti del secolo scorso”.

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