Sampieri: “L’amore che uccide”, riflessioni sulla libertà di essere donna

Maria Carmela Torchi presenta il suo nuovo libro al PataPata

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SCICLI – Profonde riflessioni sulla libertà di essere donna e in particolare sul fenomeno del femminicidio. E’ quanto scaturito durante la presentazione del libro “L’amore che uccide” (ed. OperaIncerta), opera prima della giornalista Maria Carmela Torchi, ospite della rassegna culturale estiva del PataPata “Autori & libri – Conversando a Sampieri”. A dialogare con lei la collega Franca Antoci, vice-caposervizio de “La Sicilia”. “L’opera prende spunto –ha spiegato Torchi nel corso della presentazione del libro- da un terribile fatto di cronaca avvenuto a Modica nel settembre del 1973 e che vide protagonisti una vittima e un omicida appartenenti alla Modica bene. Il libro ricostruisce gli ambiti di quella storia, dando margine e spazio ad un femminicidio ante litteram dove la fine di un amore, lacerato e tradito, ha generato un gesto estremo portatore di odio, di dolore, di risentimenti; in una parola alla non vita che non è solo quella fisica per la povera vittima, ma anche quella di altri che continuano a vivere nel ricordo di quel dolore come un vuoto che gli anni, che rodono le memorie e i dissapori, non riescono a colmare. L’amore che uccide’ -continua Torchi- persegue una morale che è la faccia opposta della medaglia che ostenta. La libertà di scelta e la voglia di vivere da donne dal pensiero autonomo sono opzioni irrinunciabili. Solo l’epoca in cui si vive ne calcola il prezzo e dà il peso del sacrificio da sopportare. Il femminicidio rimane un capitolo sempre aperto che fa lievitare, di anno in anno, il numero delle vittime che lasciano figli senza un padre e una madre, alla mercé di una pietà che non sempre c’è. Allora è necessario realizzare –conclude Torchi- un lavoro culturale e pedagogico perché la questione possa essere elemento fondante nei percorsi formativi dei giovani, a iniziare dalle scuole dove poter insegnare un’educazione al sentimento e al rispetto del prossimo, abituando all’uso della comprensione e della tolleranza”.

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